Lo strepitoso successo internazionale dei polizieschi
svedesi è uno dei fenomeni letterari più intriganti degli ultimi decenni.
Edizioni in tutte le lingue, milioni di copie vendute, trasposizioni
cinematografiche: i gialli made in Scandinavia non cessano di stupire e
rischiano di scalzare la tradizione anglosassone nel cuore dei fan del genere. Nell' ormai lungo elenco di autori che hanno conquistato i
lettori italiani, non faticherà a trovare spazio Camilla Läckberg, vi consiglio
di leggere La principessa di ghiaccio, primo di una fortunata serie di romanzi
accolti con entusiasmo da pubblico e critica (un giornale ha addirittura
parlato della «nuova Agatha Christie svedese»). Tanta enfasi potrebbe alimentare qualche dubbio: nuovo
grande talento o abile operazione pubblicitaria (fra l' altro l' autrice, prima
di dedicarsi totalmente alla letteratura, ha lavorato a lungo nel marketing)?
Basta tuttavia leggere qualche pagina per vincere lo scetticismo: una volta infilato il naso nel romanzo non lo si molla più. Per spiegare il fascino esercitato da questi evocatori di incubi nordici, si sono spesso evocate le atmosfere gotiche, le inquietudini claustrofobiche delle interminabili notti invernali, l' efferatezza di delitti maturati nella solitudine e nel silenzio. Tutto vero, ma la Läckberg sembra capace di far risuonare qualche corda in più: a parte lo straordinario lavoro di introspezione con cui disegna il carattere dei vari personaggi (anche di quelli che occupano ruoli marginali nell' intreccio narrativo), il suo talento consiste soprattutto nel saperci restituire uno straordinario spaccato della società svedese: pregiudizi, odi di classe appena mascherati dalle convenzioni, l' arroganza del potere che si accompagna al più insignificante dei ruoli istituzionali, la pruderie che affiora dietro all' apparente libertà delle relazioni sessuali e molto altro ancora. Emozioni e sentimenti nascosti e violenti a un tempo, che si fanno ancora più nascosti e violenti quando allignano in un paesino come Fjällbacka, pieno di turisti d' estate, abitato da un pugno di pescatori d' inverno.
Basta tuttavia leggere qualche pagina per vincere lo scetticismo: una volta infilato il naso nel romanzo non lo si molla più. Per spiegare il fascino esercitato da questi evocatori di incubi nordici, si sono spesso evocate le atmosfere gotiche, le inquietudini claustrofobiche delle interminabili notti invernali, l' efferatezza di delitti maturati nella solitudine e nel silenzio. Tutto vero, ma la Läckberg sembra capace di far risuonare qualche corda in più: a parte lo straordinario lavoro di introspezione con cui disegna il carattere dei vari personaggi (anche di quelli che occupano ruoli marginali nell' intreccio narrativo), il suo talento consiste soprattutto nel saperci restituire uno straordinario spaccato della società svedese: pregiudizi, odi di classe appena mascherati dalle convenzioni, l' arroganza del potere che si accompagna al più insignificante dei ruoli istituzionali, la pruderie che affiora dietro all' apparente libertà delle relazioni sessuali e molto altro ancora. Emozioni e sentimenti nascosti e violenti a un tempo, che si fanno ancora più nascosti e violenti quando allignano in un paesino come Fjällbacka, pieno di turisti d' estate, abitato da un pugno di pescatori d' inverno.

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"Senza far
rumore, cominciò a sbirciare nei cassetti. Ancora non sapeva cosa stava
cercando, e frugando in mezzo alla bella biancheria di seta di Alex si sentiva
un po’ una guardona. Ma proprio nel momento in cui aveva deciso di passare a un
altro cassetto la sua mano incontrò qualcosa che frusciava sul fondo"
(da:La principessa di ghiaccio)