Chissà perché la gente a Capodanno si sente obbligata a divertirsi…da secoli!?
Smaltiti a fatica pranzi e cene di Natale è già tempo di
pensare a come affrontare il veglione di Capodanno…che poi, a voler essere
pignoli, è quello dell’ultimo dell’anno.
A parte per
chi va in montagna per la settimana bianca, anche se di bianco quest’anno in
giro c’è gran poco, e chi va al caldo per postare su Instagram le sue foto in
spiaggia in stile calciatore-tamarro, per chi resta in città c’è sempre il
problema di cosa fare per trascinarsi almeno fino a mezzanotte e non sentirsi
dei reietti.
In ogni
caso, sia che partecipiate ad una festa super figa o che vi ritroviate in un
sottoscala con l’orchestra del maestro Canello ad intrattenervi, ci sono alcuni
elementi inevitabili ogni ultimo dell’anno.
Intorno alle 20
viene trasmesso a reti unificate l’immancabile e
noiosissimo discorso del Presidente della Repubblica che cerca di rassicurare
la nazione ed infondere speranza nei pochi disperati che a quell’ora sono
davanti alla tv a guardare lui…Una mezz’ora soporifera che stronca quel poco
entusiasmo per la nottata che abbiamo davanti.
Poi arriva
il momento del cenone che in pratica è solo il secondo tempo di quello
affrontato a Natale: per riempire le tavole di qualsiasi cosa ogni anno viene
sterminata mezza fauna dell’Adriatico e delle Alpi, ma il piatto che non può
proprio mancare è lo zampone con le lenticchie.
Il legume rappresenta un augurio di abbondanza: nell’antichità ci si scambiava ciotole ricolme di lenticchie sperando che con l’anno nuovo si trasformassero in monete d’oro. Se la tavolata ci ha dato dentro con le bottiglie è probabile che ad un certo punto quelli più storti inizino a limonare tra loro, trovando simpatico farlo sotto una corona di vischio. Anche questa è una tradizione che risale all’antichità, precisamente alla mitologia celtica, e rappresentava un auspicio di protezione e buona sorte.
Il legume rappresenta un augurio di abbondanza: nell’antichità ci si scambiava ciotole ricolme di lenticchie sperando che con l’anno nuovo si trasformassero in monete d’oro. Se la tavolata ci ha dato dentro con le bottiglie è probabile che ad un certo punto quelli più storti inizino a limonare tra loro, trovando simpatico farlo sotto una corona di vischio. Anche questa è una tradizione che risale all’antichità, precisamente alla mitologia celtica, e rappresentava un auspicio di protezione e buona sorte.
Non bisogna
dimenticarsi poi di indossare dell’intimo rosso, che rappresenta amore e
fortuna oltre che un auspicio di fertilità sia maschile che femminile.
La parte più folkloristica è inevitabilmente quella a ridosso del brindisi,
con i simpaticoni che iniziano a scuotere gli spumanti e gente che si è vista
due volte nella vita che si scambia promesse di bene eterno. Allo scoccare
della mezzanotte, con conto alla rovescia dettato obbligatoriamente da Barbara
D’Urso su Canale 5, ha inizio il pandemonio: nelle città mediamente civilizzate
si accendono i bastoncini scintillanti o, se proprio si vuole osare, fontane e
razzetti sparati dalle bottiglie; altrove invece sembra di essere catapultati
improvvisamente a Damasco: bombe carta grandi come meloni che scuotono i
palazzi, razzi che fanno invidia a Putin, gente che spara in aria (ma a volte
anche no) e che lancia lavatrici dalle finestre. Quest’ultima
usanza si rifà alla tradizione antica di spaccare vasi e bicchieri per
liberarsi delle negatività accumulate durante l’anno. Il problema è che a volte
la cosa sfugge di mano e la mattina dopo qualche poveretto si ritrova con la
macchina sfondata (o la testa la sera stessa).
L’1 del nuovo anno è ormai tradizione guardare il TG per vedere il bilancio di queste
simpatiche usanze e scoprire se si è vinta la scommessa con l’amico ubriaco sul
numero di falangi saltate a Napoli e provincia.
Quando
l’euforia comincia a scomparire, ti ritrovi con un mal di testa da spumante di
bassa qualità, con il fegato che chiede pietà per i grassi che gli hai fatto
arrivare e con la certezza che l’anno che vai ad affrontare sarà uguale in
tutto e per tutto a quello appena passato, nonostante i tanti buoni auspici
della sera prima.
Per
chiudere, giusto un minimo di cultura: la notte dell’ultimo dell’anno è detta
anche di San Silvestro, dal nome del Papa poi diventato santo che si celebra
appunto il 31 dicembre. Fu sotto papa Silvestro che il cristianesimo si diffuse
enormemente a Roma, grazie soprattutto al fatto che Silvestro riuscì a convertire
la madre dell’Imperatore Costantino, che era una fedele del giudaismo,
umiliando proprio davanti a lei quattro rabbini in una disputa teologica.
*****