Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei

È proprio vero. A 18 anni quando abitavo nella Piccola Città ero arrabbiato col mondo intero. Lo sentivo profondamente ingiusto: chi ha troppo e chi niente. Il pomeriggio dopo la scuola frequentavo una sala bigliardi un vero luogo di ritrovo per fannulloni. Se vedevo una macchina di lusso ne strisciavo la fiancata con le chiavi di casa. Oppure toglievo il tappino degli pneumatici.
Combattevo la mia guerra personale contro il sistema. Odiavo i ricchi. I figli di papà. I miei coetanei che vestivamo firmati e, odiavo la gente di successo. Perché, dicevo, sono tutti ladri. Tutti criminali. Tutti sfruttatori. Tutta gente che vive bene perché ha fatto del male.
In realtà li odiavo perché mi sentivo inferiore a loro. Loro erano i vincenti. Io un perdente. Freguentavo un gruppetto di ragazzi delusi, frustrati e arrabbiati come me. Una ragazza che - miracolo! - uscì con noi una sera ci chiamò, con scherno e disprezzo, "la Sfigation Corporation", la società degli sfigati. Noi facemmo nostro, con orgoglio, quell'epiteto ingiurioso. Eravamo sfigati, ed eravamo felici di esserlo. Ci crogiolavamo nella rabbia, nell'amarezza. Non sapevamo, non volevamo uscirne. E ce l'avevamo con chi stava meglio di noi. Oggi, quando torno nella “Piccola Città” e mi capita di rivedere i vecchi amici, passati i primi dieci minuti di ricordo dei bei (si fa per dire) tempi passati mi sento in imbarazzo. Non ho più niente da dire loro. Sento che ci siamo allontanati. Che oggi siamo su due pianeti diversi. Loro sono rimasti, all'incirca, quelli di allora. Ancora cupi, incazzosi. Io sono cambiato. Loro lo notano. E ci restano male. Ma chi ti credi di essere, mi dicono; ti sei montato la testa? Non sei più dei nostri? Ti senti superiore a noi? NO! Non mi sento superiore.

Mi sento diverso. Se restassi con loro assorbirei la loro negatività. Tornerei indietro. Così li lascio. Al loro destino. Perché nessuno può essere aiutato a crescere se non vuole farsi aiutare. E perché se vuoi diventare migliore, devi frequentare persone migliori di te. Migliori nell'animo. Spiritualmente.
Che ti portino su. Non che ti tirino giù. È lo stesso problema che riscontravo durante i corsi di formazione. Motivare i partecipanti a cambiare, a migliorare non è difficile. Il difficile è evitare che vengano demotivati una volta che tornano a casa. Sul lavoro. Con gli amici. Perché spesso chi li circonda non vuole che cambino. Preferisce che restino quelli di sempre. Lo fa per paura di perderli. Perché chi si somiglia si piglia. Frequentiamo persone simili a noi: con i nostri gusti, i nostri valori, la nostra mentalità. Se uno dei due cambia, l'altro resta da solo.

Mario Furlan
Invece si dovrebbe crescere insieme. E noi purtroppo non lo abbiamo fatto. Ecco perché quando torno a casa non incontro gli amici di quando avevo 18 anni.
E non me ne pento.

Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.

Mettiamo le cose in chiaro

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