Caterina era una madonna del Caravaggio, una Venere di
Tiziano. Raramente avevo visto una donna così bella. Gli occhi scuri, gli
zigomi alti, la pelle perfetta, quasi impalpabile. E una cascata di capelli
ricci che contornavano una dolcezza della voce e dei modi disarmante. Ci
eravamo persi di vista nonostante abitavamo nello stesso piccolo paese, poi io
partii, ognuno perso nel suo quotidiano.
La rividi molti anni dopo.
Il viso era
segnato da qualche ruga come fossero state scritte sulla fronte da troppi
pensieri e l’occhio era un po’ più spento. Non aveva tracce di trucco, nessun
sorriso aperto. Parlava
piano Caterina, quasi più piano di me. E sempre piano mi ha fatto intendere
delusioni che non ti immagini da una madonna del Caravaggio. Ma la
dolcezza era rimasta uguale anche se forse stonava con l’aura dimessa che la circondava.
E me la
sono immaginata regina che ha perso il suo regno.
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