Mercoledì
dedicato a un amore troppo trascurato, il bosco. Il bosco di maggio si veste
coi migliori tessuti, gialli, rosa, blu, verde di mille verdi diversi.
Profuma
come una ragazzina al primo appuntamento, si specchia nel cielo noncurante di
lui, passa dal fitto scuro alla radura improvvisa, dal sentiero quasi noioso in
pianura alle ascese di scalini accidentali, lascia che si incontrino case
abbandonate, vita che non c’è più, passaggi d’uomini di altri tempi e di altri
mondi.
Il bosco svedese è qualcosa da attraversare per andare oltre, perché la
montagna non c`è, la meta è il livello del mare tranquillo, che denuncia
l’altezza, che ti dice che lì, il bosco cresce. E dopo il prato il sasso chiaro
e spaccato del crinale ventoso, dal quale si vede il campo arato, il lago, il
mare e anche le isole, se il cielo consente.
E i bimbini lanciano grida, gli
adulti ridono, chiacchierano, sbuffano lungo il sentiero, e incontrano altri,
che vanno, in un cortese “salve” e “buongiorno” che ci si scambia nel bosco,
senza ricordarsi di metterlo in tasca per la città.
Dentro il bosco è quasi
freddo, si anela il fiato caldo del sole, si accelera il passo, si sale si sale
e si sale. E al ritorno è bello sentire il bosco farsi più amico, rifare al
contrario il percorso e ricordarne la fatica leggera.
Rivedere un sasso che la
seconda volta già rende consueto, il segnale del sentiero, bianco e rosso
avvistato e urlato dai bambini, il ramo al quale ci eravamo aggrappati che
sembra qualcosa di diverso ora che si passa da lì con un altra prospettiva
negli occhi.
E il tettino della macchina parcheggiata arriva troppo presto.
Quando ancora avresti voglia di stare insieme, di camminare, di annusare, di vivere.
Quando ancora avresti voglia di stare insieme, di camminare, di annusare, di vivere.
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