Stockholm in my mind, anche al tempo del coronavirus.

Insomma si dice che se non sei con chi ami, ama con chi sei. O qualcosa del genere. Dunque io amo Stoccolma. Accidenti, come è bella questa città, anche con questa mattinata grigia e deprimente ma non è fredda, siamo ancora a Settembre che diamine e se vogliamo mantenendo le distanze potremmo anche sederci fuori per un caffè, promette pioggia. Ma ciò non cambia niente sulle strade della city, la stessa energia, l’entusiasmo, la vitalità della gente che continua la vita quotidiana come niente fosse. E niente è, anche se soffri, spasimi, muori un pò, insomma prendi tutto sul serio. Non che io voglia farlo, ma sono un uomo passionale e tutto mi incita a sentire. Forse troppo, ma come ci si può controllare, calmare, anestetizzare i sentimenti? 
Allora vivo Stoccolma, mi immergo nel suo dolce vivere quotidiano, lascio che mi penetri nell’anima e mi scaldi, mi soddisfi. Almeno per un pò. Esuberante città cosmopolita di anime perdute ma che continuano a cercare. Il forte sapore di sentirsi uomini liberi promessaci dalla Costituzione a cui tutti abbiamo un innato diritto. Vale anche per me questo? Siccome, in fondo, mica ci sono nato quassù io... Ma sì, mi dicono che anch’io ne ho il diritto. Bene. Marciapiedi sdrucciolevoli, ombrelli coloratissimi, i cartelloni pubblicitari brillano lo stesso, la gente sorride, anche quando t’incastri con l’ombrello nella borsa di una signora che va di fretta…Il sottile senso di humor, anche questa è Stoccolma. I grattacieli di Hötorget, vetrate immense che riflettono il cielo di grigio di stamattina, un Autunno ancora mite questo, strano con questa atmosfera da Covid-19 che ci rende tutti più prudenti, poca Stoccolma, ma ci va bene, certo, almeno la neve è ancora distante…
Allora mi viene voglia di entrare in questo grande negozio pakistano, dove trovi, beh, di tutto. Cibi, tè, vestitini da donna con ricami di draghi, rossi, lunghi con gli spacchi laterali, ingenuamente sexy (no tranquilli, io non l`ho comprato…), grandi wok, tegami svedesi in ghisa, famosi in tutto il mondo, fiori di seta, caramelle gommose dai colori sgargianti, vasi tipo faux Ming, in un ambiente esotico dalla musica un po’stridula, con cascate che scendono sulle pareti illuminate. Una pausa veloce in un ristorantino libanese: falafel con salsetta allo yogurt e hummus, ripieno delizioso di una soffice pita, pane tradizionale del medio oriente. Poi un caffè da favola, fortissimo, aromatizzato col cardamomo, la mia spezia preferita, canzoni in arabo sullo sfondo…subito seguite da un rock di Elvis. Stoccolma vivissima e vivace, città poliglotta nel miglior senso della parola, aperta a tutti e tutto, ti abbraccia, ti strapazza un pò, ma lo fa con tenerezza. Per finire, cioccolata calda alla nocciola in una pasticceria italiana con tanto di cornetti alla crema e paste eleganti e carucce.
Mi riposo un momento con un caffè caldo, seduto quì fuori ad osservare la gente che passa sorridente e no, cellulari tra le dita, piccoli pianoforti da tenere risuonanti di SMS continui. 
Questa è Stoccolma. E mi va bene così.  
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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.

Mettiamo le cose in chiaro

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