Ci si abitua a tutto

Dal balcone di casa mia.
Questa notte a Stoccolma è caduta la neve mista a ghiaccio ed ora fuori ci sono -5°C sotto lo zero che non è propio il massimo per un terrone come me con qualche piccolo acciacco ma non mi arrendo io. Non lo feci nel lontano 65 quando ero capace di lamentarmi del freddo persino nelle afose notti della Piccola Città di pieno agosto. Però a pensarci bene di notte fa sempre un poco più frescchetto che di giorno. Arrivato in Svezia in piena estate dicevo: “Ammazza che estate fredda quassù!"  In Ericsson, avevano organizzato un terneo di calcio tutti scesero in campo in pantoloncini corti a me dettero una specie di mutandoni alla zuava. Scopersi più tardi che si chiamavano: knickers, gli svedesi li usavano in pieno inverno. Io a Luglio! Correvano come dei forsennati ed io mi chiedevo come avessero fatto a sopravvivere con così poco sole. L`autunno non si fece attendere, arrivò a Settembre con temperature attorno a +8°C, altro che estate di san Martino, e io che dall`Italia mi ero portato un bel giubbottino color sabbia con il collettone all`inglese. Altro che giubbottino color sabbia. Dovetti correre a comprare un giaccone imbottito doppia fodera nuovo di zecca. E momenti nemmeno bastava. A novembre cominciavo a chiedermi se sarei arrivato vivo alla primavera. A Dicembre, (era l`inverno 65-66 chi è sopravvissuto ancora se lo ricorda…) temperature costantemente sotto lo zero per tre mesi (-20°C,-30°C) In Ericsson, c`era un parcheggio al coperto ma per raggiungere l´ingresso del mio luogo di lavoro c`erano ca. 200 metri all’aria aperta. Pensai di chiedere un permesso speciale per lavorare direttamente dal parcheggio al coperto così avrei evitato di scendere dalla macchina. A Gennaio ricevetti dall`Italia un pacco salva vita (di mamma cè nè una sola…) con 2 canottiere di vera lana caprina, maniche lunghe, fatta con i ferri da mammà. Quelle con l`effeto prurito assicurato per  intenderci. Un paio di pantaloni imbottiti alla Zeno Colò, due paia di calzettoni sempre di lana caprina, zuccotto, due misure più grande con i colori della Roma. Finalmente andava un pochettino meglio. A Marzo, avevo visto la morte in faccia più di una volta. Ad Aprile, con lo sbocciare dei primi bucaneve (snödroppar) forse ricominciavo vagamente a sbrinarmi. 
Dal balcone di casa mia.
Stamattina (dopo più mezzo secolo di Svezia) ci sono −4°C gradi, che bel teporino. Che fortuna quest`anno il gran freddo tarda ad arrivare. Certo che con questa giacca a vento rischio di crepare di caldo. Ma chi me lo fa fare mi metto il giubbottino di renna che ho comprato in Italia tanto quando entro al supermercato lo lascio aperto sennò schiatto. Guanti? Mi danno solamente fastidio per via del guinzaglio. Sto`berrettino all`inglese mi sta veramente bene però mi manda un gran calore al capoccione. Lo lascio a casa altrimenti devo grattarmi lo scalpo in continuazione. Che bella giornata sembra un prolungamento autunnale che teporuccio ma chi la detto che la Svezia è un paese freddo; “ma mi faccia il piacere” avrebbe detto il grande Totò! 
Conclusione: Coraggio nuovi arrivati ci si abitua a tutto.
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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.

Mettiamo le cose in chiaro

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